UFC 274, come è andata la serata | L'Ultimo Uomo

2022-05-14 17:14:53 By : Ms. Faith Ding

UFC 274 ha confermato chi è il più grande peso leggero in attività.

L’incontro principale di UFC 274 si è svolto in un contesto particolare: il campione in carica dei pesi Leggeri, Charles Oliveira, era stato ufficialmente privato della possibilità di difendere la propria cintura anche in caso di vittoria, mentre paradossalmente il solo a potersi laureare campione sarebbe stato lo sfidante, Justin Gaethje. Una cosa mai successa prima in UFC: la sera prima dell’incontro, al momento del peso ufficiale, Oliveira è risultato troppo pesante di mezza libbra, 200 grammi circa; resa ancora più assurda dall’accusa sostenuta da numerosi fighter secondo cui c’era stato un malfunzionamento della bilancia – accusa a cui Dana White, il presidente UFC, ha deciso di credere, dichiarando che metterà delle guardie di sicurezza intorno alla bilancia prossimamente. In ogni caso, anche senza cintura da mettersi in vita, Oliveira ha dimostrato ancora una volta di meritare di essere il campione. Di essere, senza più nessun dubbio, il miglior peso leggero in attività.

La crescita di Oliveira, della quale abbiamo già parlato , si è palesata soprattutto sul piano mentale e dello spirito, visto che dal punto di vista tecnico-fisico non rimanevano molti dubbi. A farne le spese stavolta è stato Justin Gaethje , convinto, almeno dalle dichiarazioni precedenti al match, di poter avere una notte semplice dopo aver visto l’avversario fallire sulla bilancia. Alla fine però il combattente brasiliano non pareva aver patito più di tanto la decisione di ufficiali e promotion di privarlo della sua cintura.

Ultimamente, quando Oliveira entra in gabbia, sembra chiaro che l’incontro durerà molto poco. Contro un Justin Gaethje però così convinto, il beneficio del dubbio su qualche round in più andava concesso obbligatoriamente. Ed in effetti, in apertura, è stato proprio lo statunitense a partire con una verve superiore, aspettando la reazione di “Do Bronx”, che pareva tardare a reagire e che ha subito due colpi pericolosi seguiti da altrettanti knockdown – in cui, va detto, più che perdere i sensi Oliveira sembrava scendere a terra quasi volontariamente invitando Gaethje a entrare nella sua guardia, cosa che Gaethje saggiamente ha evitato di fare.

Rimessi insieme i pezzi, Oliveira ha atterrato a sua volta Gaethje con un diretto, dopo essere avanzato in maniera prudente e verticale, prima di prendergli la schiena a terra. Oliveira ha tentato di isolare un braccio, invano, prima di modificare il grip; qui, Gaethje ha provato ad uscire dalla morsa del serpente, ma il brasiliano ha rimesso i ganci con le gambe e si è riconnesso alla schiena del suo avversario, mettendo a segno la solita rear-naked choke, che gli ha concesso di incrementare il suo record in termini di sottomissioni, vittorie e finalizzazioni prima del limite. 

Quando riesce a prendere la schiena, Charles Oliveira ha la concretezza di un serpente stritolatore.

Oggi Charles Oliveira è un combattente completo, feroce, un predatore che è in cima alla catena alimentare e le vittorie in poco più di un anno su Michael Chandler, Dustin Poirier e Justin Gaethje parlano da sé: tutti i pretendenti al titolo più in alto nel ranking UFC, tranne Islam Makhachev, che potrebbe affrontare presto. Per questo sarebbe un peccato, ma avrebbe senso per Oliveira, se fosse davvero arrivato il suo giorno di paga più importante, e l’UFC decidesse di fargli sfidare l’irlandese dalle uova d’oro, Conor McGregor, come Oliveira ha chiesto a fine incontro. 

Per McGregor sarebbe l’occasione per tornare in un sol colpo in cima al mondo, pur senza aver rimesso insieme dei pezzi necessari per guadagnarsi la title shot. Il potere della promozione è già arrivato a coprire certi buchi e sicuramente, quando i contendenti sembrano diradarsi, un McGregor di riserva potrebbe ridestare le sorti di una categoria che sembra finita in mano ad un campione (per ora privo di cintura) che non fa prigionieri. Il fantasma di Khabib sembra sempre più lontano, ma le sorprese in questo sport sono sempre dietro l’angolo.

La ninna nanna di Esparza e Namajunas

Non dev’essere stato facile per gli osservatori occasionali (e nemmeno per i fan hardcore) finire di vedere il match titolato nella divisione dei pesi paglia tra l’ormai ex campionessa Rose Namajunas e la nuova campionessa Carla Esparza. 

Esparza era già stata campionessa in precedenza ed aveva perso il titolo contro Joanna Jedrzejczyk, che aveva iniziato un lungo regno terminato proprio per mano di Rose Namajunas. Gli incastri in questa divisione, poi, sono molto particolari: questo infatti era un rematch fra le due contendenti, che si erano già scontrate nel dicembre 2014 e Esparza aveva portato a casa la contesa grazie ad una rear-naked choke. 

Nel match forse più noioso della storia recente dell’UFC (più di quello avvenuto tra Adesanya e Romero) le due contendenti hanno portato a segno 42 colpi significativi (Esparza) a 28 (Namajunas), nel totale dei 5 round. Un conteggio catastrofico, se si pensa che il match è stato fatto di in&out senza conclusioni di sorta ed i commentatori americani nei primi tre round non sapevano nemmeno cosa dire, se non che un match del genere poteva allontanare eventuali neofiti alla visione dello sport. 

Anche sui cartellini era quasi impossibile decidere chi si fosse aggiudicata i singoli round. Anche l’arbitro Keith Peterson non è stato perfetto, un richiamo all’azione, o magari anche più di uno, sarebbe stato molto gradito, ma ha preferito lasciare l’iniziativa alle contendenti. Cinque i takedown (senza controllo) su sette messi a segno da parte di Esparza, solo uno (al suono della sirena dell’ultimo round) su tre da parte di Namajunas, che ha urlato al termine della contesa, forse per convincere i giudici, forse per convincere se stessa.

Namajunas si è comportata differentemente rispetto al primo match: non si è gettata all’arrembaggio, ha atteso Esparza ed ha provato ad intercettarla con jab e diretti (mai davvero pericolosi) e ad evitare i suoi tentativi di takedown. Dal canto suo, Esparza ha tenuto il centro dell’ottagono e ha provato ad ingaggiare, con scarso successo. Al termine di tutti e cinque i round, due giudici su tre hanno optato per la vittoria di Esparza che, grazie ad una split decision, si ritrova campionessa in uno dei match esteticamente più brutti e scoraggianti mai visti in UFC. Ed ora provate a dire a Dana White che volete vedere una trilogia tra le due.

I giudici hanno premiato Esparza, ma in match come questo non esiste vincitore. Come ha ribadito Din Thomas: “Tutti quanti nell’arena hanno perso il primo round”.

Sotto le spoglie del demonietto in miniatura, Michael Chandler è risultato uno dei più caparbi e determinati combattenti al mondo nella divisione delle 155 libbre. Il suo test era tutt’altro che semplice: un Tony Ferguson ferito dai recenti risultati era tornato in un buonissimo stato di forma e tremendamente agguerrito per dimostrare che lui, dai giochi titolati, proprio non voleva uscire. Era naturale, quindi, che venisse fuori già dal primo round una sfida emozionante. Le prime battute sono state favorevoli al “ Cucuy ”  Ferguson, che ha avanzato facendosi strada con le lunghe leve, mentre Chandler ha provato a riprendere il tempo con un lavoro alla distanza di entrata ed uscita dalla guardia avversaria e con l’utilizzo del braccio avanzato per testare tempo e spazio d’attacco. 

A due minuti dal termine del primo round, il primo squillo: Chandler avanza, Ferguson para, poi espone il gomito, finta un gancio sinistro leggero e mette a segno una combinazione di diretto-gancio che manda a terra Chandler. Quest’ultimo si è subito rimesso in piedi, ma la combinazione l’ha sentita.

Poi, Ferguson ha provato a costringere Chandler a parete, ma il movimento di quest’ultimo, perpetuo ed inarrestabile, non gli ha permesso di prendere la meglio. 

Chandler ha poi capito che, nonostante le dimensioni, i suoi colpi in uscita potevano avere effetto ed ha iniziato a tentare il gancio in uscita dalle combinazioni, trovando da subito il successo e restituendo i danni subiti a Ferguson. 

A metà esatta della ripresa, l’inerzia è andata in favore di Chandler grazie ad un takedown travolgente che ha costretto Ferguson schiena a terra. Sebbene si stesse muovendo con efficacia e stesse anche tentando delle sottomissioni, Ferguson si è subito trovato in difficoltà quando ha compreso che la base della lotta a terra di Chandler era solida e che non sarebbe stato facile da ribaltare. Chandler ha stabilizzato la sua posizione e iniziato un lodevole lavoro in ground and pound, che non tutti gli sfidanti di Ferguson possono permettersi, data la guardia attiva del “ Cucuy“.

Takedown esplosivo e gomitata perfetta a segno da parte di Chandler.

Nel vedere comunque Ferguson tranquillo schiena a terra, il più grande dubbio riguardava il cardio di Chandler. Sarebbe durato cinque riprese contro un fighter così completo e spigoloso? 

Ma non abbiamo avuto nemmeno il tempo di porci la domanda che, quindici secondi dopo l’inizio del secondo round, Chandler ha approfittato della guardia molto aperta di Ferguson (lo avrebbe poi sottolineato nel momento dell’intervista) per piazzare un front kick perfetto al mento. “Out cold”, come direbbero gli anglofoni. Mai, in tutta la sua carriera, Ferguson era andato KO, prima d’ora (il frontale è stato paragonato dai commentatori americani a quello di Anderson Silva su Vitor Belfort).

Un paio di salti mortali all’indietro per festeggiare, e poi Michael Chandler è stato raggiunto da Joe Rogan e, come di consueto, ha regalato un momento fantastico. Se c’è una qualità che pareggia quelle che Chandler mostra all’interno della gabbia, è il carisma al microfono: voce profonda, character da WWE, Chandler ha sfidato McGregor, Oliveira e Gaethje, come aveva già fatto nella sua vittoria all’esordio in UFC contro Dan Hooker, accendendo il pubblico nell’arena.

Oggi “Iron” Mike (un soprannome ovviamente in onore del Mike più noto, Tyson) è uno dei combattenti più amati , ma non è sempre stato così. Sia a inizio carriera, sia quando militava in Bellator, ha vissuto momenti difficili, ma ha sempre avuto la determinazione del campione. Amico e collega universitario di Ben Askren e Tyron Woodley, Chandler ha sempre espresso parole di rispetto e gratitudine per i suoi “fratelli maggiori” e non ha mai fatto mistero dell’ammirazione per loro. Wrestler NCAA Division I e All-American nel 2009, la sua carriera nelle MMA gli ha sempre riservato grandi match, emozionanti e di altissima qualità, come quelli disputati in Bellator contro Eddie Alvarez e contro i fratelli Freire, maggiormente noti come “Pitbull”. 

Chandler batté Patricky, il più pesante, ma dovette arrendersi a Patricio, che gli tolse anche il titolo dei pesi leggeri Bellator prima del suo trasferimento in UFC. Nella sua ultima apparizione in Bellator, comunque, ha messo KO Benson Henderson, ex campione dei leggeri UFC e si è presentato con tutti gli onori nel match contro Hooker. In meno di un anno e mezzo ha affrontato Hooker, Charles Oliveira, Justin Gaethje e Tony Ferguson, realizzando un parziale di due vittorie e due sconfitte e portando a casa due bonus Performance of the Night (contro Hooker e Ferguson) ed un Fight of the Night (contro Gaethje), che è stato premiato anche incontro dell’anno 2021. 

Nonostante l’età (36 anni), Chandler sembra essere in uno dei migliori momenti della sua carriera, offre incontri spettacolari e sanguinosi anche quando perde, ritagliandosi i suoi momenti, ed è incredibilmente amato dal pubblico. Una componente che UFC non può che apprezzare. Chandler è pronto per una delle ultime corse, che sia un altro match titolato o il bentornato a Conor McGregor, non potrà che essere una delle serate più soddisfacenti della sua vita professionale. 

Giovanni Bongiorno scrive di MMA e ne parla nel podcast di MMA Talks.

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